SPRECO ALIMENTARE:
COS’È E DOVE AVVIENE MAGGIORMENTE?

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Secondo stime della FAO, entro il 2050 sarà necessario incrementare la produzione di cibo del 60%, per soddisfare il fabbisogno alimentare globale.

Tutto ciò rende lo spreco alimentare una delle sfide più importanti che la nostra società si trovi ad affrontare, soprattutto alla luce delle ricadute sociali ed economiche dovute ai beni idonei al consumo che finiscono per essere sprecati.

Gli alimenti ancora commestibili che vengono gettati via rappresentano infatti la terza fonte di emissioni a effetto serra: un dato che evidenzia quanto possa essere importante riuscire a ridurre lo spreco alimentare che ogni anno si verifica a livello globale.

Eliminare gli sprechi di cibo permetterebbe inoltre di limitare il quantitativo di rifiuti, di salvaguardare le risorse disponibili – acqua, suolo, energia – e di tutelare la biodiversità; anche per questo che le autorità di tutto il mondo sono attualmente impegnate per trovare una soluzione concreta al problema dello spreco alimentare.

L'Unione Europea, ad esempio, già da tempo dice no allo spreco alimentare aderendo agli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dall'ONU, che punta a dimezzare il quantitativo pro capite di beni alimentari commestibili che ogni anno, per ragioni di varia natura, finiscono nella pattumiera.

Del resto, oggigiorno si può fare tanto per ridurre lo spreco alimentare anche nel proprio piccolo, come testimonia la Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare, un evento, celebrato il 5 febbraio, utile ad accendere il dibattito pubblico, a condividere consigli per ridurre lo spreco alimentare e a sensibilizzare i consumatori sull'importanza che può avere, a livello ambientale, economico e sociale, adottare comportamenti che aiutino a non sprecare cibo ed alimenti preziosi
 

Cos'è lo spreco alimentare?

 

A definire che cos'è lo spreco alimentare è la FAO, L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura che ha lo scopo di migliorare la vita delle popolazioni rurali ed aumentare la produttività agricola. Questa organizzazione, con il termine “spreco alimentare”, identifica lo scarto di alimenti ancora idonei al consumo che si verifica nella vendita al dettaglio e negli ambienti domestici.

Spiegare cosa si intende per spreco alimentare è attualmente uno dei modi più concreti per sensibilizzare la collettività a queste tematiche, in modo da individuare tutte quelle piccole o grandi criticità che ogni giorno spingono a gettare via del cibo ancora buono da mangiare.
 

Come avviene lo spreco alimentare?

 

Lo spreco alimentare è un fenomeno che nasce da una serie di convenzioni o abitudini sbagliate particolarmente consolidate negli individui.

È dovuto in parte all'eliminazione dal mercato di prodotti commestibili, ma non rispondenti ai necessari requisiti estetici, in parte alle cattive pratiche adottate a livello domestico, dove spesso, anche in modo del tutto involontario, non si dà la giusta importanza al valore del cibo.

Sono esempi di spreco alimentare:

  •        Il riempimento eccessivo dei carrelli della spesa, anche con prodotti che probabilmente si farà fatica a consumare una volta riposti in dispensa;
  •        L'inserimento nel carrello alimenti non necessari o al di fuori della classica lista della spesa;
  •        L'acquisto compulsivo di beni alimentari o in grande quantità per effetto di offerte promozionali;
  •        Il riempimento del frigorifero e della dispensa domestica di un quantitativo di prodotti talmente elevato, da non permettere un accurato monitoraggio delle confezioni;
  •        L'acquisto di beni vicini alla scadenza, soprattutto qualora ci si dimentichi della loro presenza in frigorifero o nel caso in cui non ci si adoperi per predisporne il consumo tempestivo;
  •        Non porre la giusta importanza alle modalità di conservazione del cibo, ad esempio non richiudendo la confezione una volta aperta o interrompendo la catena del freddo.

Ma a incentivare lo spreco alimentare sono spesso anche i comportamenti a tavola, in particolare quando il quantitativo di portate preparato o ordinato al ristorante sia superiore rispetto a quello che si riesca a consumare. Il cibo che avanza a tavola può essere infatti messo da parte fino al pasto successivo, così da poter essere recuperato ed evitare che venga sprecato.

Naturalmente, la persistenza di tali abitudini, spesso talmente radicate nella quotidianità da essere difficili da debellare, impone un'importante riflessione sull'approccio che ogni giorno si ha con il cibo, nonché su quelle che possono essere le cause e le conseguenze dello spreco alimentare a livello etico, economico e ambientale.

Dove avviene il maggior spreco alimentare?

 

A fornire un'indicazione univoca su dove si spreca più cibo, è il Rapporto sull'indice dei rifiuti alimentari 2021 delle Nazioni Unite, che fornisce i dati sullo spreco alimentare a partire dal quantitativo di rifiuti ancora commestibili prodotti a livello globale.

In particolare, secondo il report, il 61% di rifiuti alimentari è generato proprio dalle famiglie, seguite dalla ristorazione, con il 26%, e dalla vendita al dettaglio, con il 13%.

Questo permette di delineare una serie di statistiche sullo spreco alimentare, nelle quali le famiglie risultano responsabili dell'11% circa degli alimenti ancora commestibili gettati nella pattumiera, la ristorazione del 5% e la vendita al dettaglio del il 2%.
 

Quanto cibo viene sprecato in Italia?

 

Lo spreco alimentare in Italia è un fenomeno ampiamente diffuso che purtroppo si attesta in aumento.

A tracciare un bilancio del quantitativo di cibo che ogni anno non viene consumato, è il Rapporto Il caso Italia 2022 di Waste Watcher International, realizzato da Ipsos per Last Minute Market e l'Università di Bologna, secondo il quale il quantitativo di alimenti destinati al consumo ma andati perduti è pari a 1.866.000 tonnellate – circa 30,956 kg annui pro capite.

Lo spreco alimentare in Italia, inoltre, è in aumento del 15% rispetto ai dati registrati nell'anno precedente, con una perdita economica, solo nell'ultimo anno di rilevazione, di circa 7 miliardi di euro.

Secondo il report, in particolare, a sprecare di più sono le regioni del sud – nelle quali si registra un +18% rispetto alla media nazionale – e le famiglie senza figli, responsabili di un +12% delle perdite alimentari. Tra gli alimenti più sprecati, in ordine decrescente, la frutta fresca, le insalate, il pane e le verdure, per il 47% del campione perduti principalmente a causa di semplici dimenticanze.

Quanto cibo viene sprecato nel mondo?

 

Lo spreco alimentare nel mondo è un problema di estrema rilevanza. La FAO stima in particolare che circa il 14% del cibo prodotto a livello globale venga ogni anno irrimediabilmente perduto tra produzione e distribuzione: un dato che invita a una riflessione, soprattutto se si pensa che basterebbe solo il 25% di quanto sprecato a porre fine al problema della fame nel mondo.

Inoltre, le cose non migliorano a valle della catena di approvvigionamento, cioè nel momento in cui gli alimenti raggiungono i consumatori, fase in cui lo spreco alimentare nel mondo è pari al 17% del cibo prodotto.

Ma il cibo che viene scartato a livello globale non è secondo allo spreco alimentare in Europa, dove ogni anno si registrano 153,5 milioni di tonnellate di alimenti non consumati, per un costo di circa 143 miliardi di euro annui e un quantitativo di emissioni nocive prodotte pari al 6% del totale (fonte: report No time to waste 2022). Non a caso, ormai da diverso tempo gli Stati Membri sono invitati ad adottare politiche nazionali finalizzate a dare valore ai beni alimentari tramite processi di prevenzione e di gestione più sostenibili.

In particolare, l’UE ha fissato le misure da adottare attraverso la Direttiva quadro sui rifiuti, che stabilisce per i paesi dell’Unione di impegnarsi per favorire le donazioni alimentari, così come per ridurre gli sprechi nella collettività e le perdite nelle fasi di produzione e distribuzione dei prodotti.

A questo provvedimento del 2008 è andato ad affiancarsi nel 2020 il Green Deal europeo, che comprende al suo interno la strategia “Dal produttore al consumatore”: tra gli obiettivi, da perseguire entro il 2050, quello di ridurre l’impatto dei sistemi alimentari sull’ambiente, così come di favorire la diffusione di regimi alimentari più sostenibili e, ancora una volta, contenere sprechi e perdite alimentari. 

 

 

Il presente testo è aggiornato al 21/11/2022

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