PIANO DI EMERGENZA

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“Piano di emergenza ai sensi dell’articolo 8, comma 1, del decreto legislativo n.93/2011, in conformità con le disposizioni dell’articolo 10 del regolamento (UE) n. 994/2010” di cui all’Allegato 2 del Decreto del Ministro dello sviluppo economico 19 aprile 2013, e s.m.i.

Il Piano di emergenza è un documento che contiene la descrizione della tipologia e delle modalità di intervento cui devono attenersi gli operatori del settore energetico in presenza di situazioni di crisi: esso è definito dall'art. 8, co. 1 del D.Lgs. 93/2011 e dalle norme individuare dal Decreto del MISE 19 aprile 2013.

Natura del Piano di Emergenza

Come anticipato, il Piano di emergenza è un documento redatto secondo i canoni individuati dal legislatore e dal Ministero dello Sviluppo Economico, in forza del quale si individuano gli interventi da adottare da parte delle imprese e degli operatori energetici per fronteggiare una determinata situazione di crisi. L'adozione del Piano di Emergenza è fatta in via generale dal Ministero, che individua le prescrizioni principali; al contempo, tutti gli operatori del mercato sono tenuti ad adottare dei protocolli interni e specifici, dove dettagliare tutte le tipologie e modalità di realizzazione degli interventi di volta in volta previsti. La legge stabilisce in via generale che l'attuazione del piano prevede il concerto tra le attività della Direzione generale per la sicurezza del MISE e le imprese di trasporto e distribuzione presenti sulla rete energetica, così da "attivare, coordinare e monitorare le azioni che permettono di far fronte a situazioni di crisi". In altri termini, la gestione della crisi da parte dei diversi operatori è frammentaria: ciascuno dei soggetti individuati ha l'obbligo di contribuire, secondo i rispettivi ruoli e le modalità stabilite dal Piano medesimo, all'attuazione degli interventi emergenziali, secondo un task force comandata dalla già citata Direzione generale.

I rischi

Il Piano di Emergenza per il gas individua specificamente quattro ipotesi principali di rischio che possono giustificare l'attuazione degli interventi emergenziali. Si tratta di categorie che comprendono ragioni di carattere tecnico, politico, economico o naturale. Nel dettaglio, in ciascuna di queste categorie vengono individuati fino a 81 rischi specifici, la cui qualificazione e descrizione permette di adottare le opportune contromisure. Tra i rischi considerati dal Piano di Emergenza ci sono guasti e malfunzionamenti generali degli impianti, blocco delle importazioni, black out, scioperi, attacchi informatici, guerre nei Paesi da cui provengono le materie prime, ma anche disastri naturali, tempeste, condizioni climatiche avverse e così via.

I diversi livelli di crisi

Il verificarsi di uno dei rischi contemplati dal Piano determina un primo livello di crisi definitivo di preallarme: in questo caso la presenza di informazioni concrete sul possibile verificarsi di un evento e sul possibile impatto del medesimo nell'approvvigionamento standard fa scattare una prima categoria di interventi. In questo ambito vanno incluse cause come una riduzione delle importazioni, accompagnate da indizi su un difficile ritorno ad una condizione di normalità, oppure la previsione di un temporaneo ed eccezionale aumento della domanda di materia prima nelle forniture, o ancora l'intervento di eventi climatici di una certa importanza, tali da interferire sulle importazioni. Viceversa, si passa al livello di allarme quando uno dei fattori scatenanti ha determinato attualmente uno degli effetti prima considerati: quando, ad esempio, non vi è più solo il sospetto di una riduzione delle importazioni ma queste si sono già verificate. Tuttavia, questo primo livello di allarme è di dimensioni "tali da deteriorare significativamente la situazione dell’approvvigionamento, ma alle quali il mercato è ancora in grado di far fronte senza dover ricorrere a misure diverse da quelle di mercato". Se le condizioni sono più drastiche, ad esempio in presenza di una domanda di gas molto elevata o un'alterazione profonda nel sistema di approvvigionamento e quando sono state adottate le opportune contromisure da parte degli operatori ma queste non sono state tali da far rientrare il rischio, si passa al livello di emergenza. A questo si passa anche quando il livello di allarme rimane inalterato per cinque giorni consecutivi oppure quando si registra un netto peggioramento delle condizioni che lo hanno determinato.

Gli interventi da adottare

A seconda del tipo di rischio da fronteggiare e del livello di crisi, il Piano di Emergenza prevede specifiche misure da adottare. In particolare, in caso di preallarme non si prevedono misure specifiche, ma si demanda agli operatori del mercato l'adozione delle condotte più opportune per ripristinare la condizione di normalità o prevenirne il peggioramento: tra queste vi è la raccomandazione di aumentare il livello di importazioni (o ridurle), interrompere temporaneamente alcune forniture oppure utilizzare canali di approvvigionamento alternativi. Anche per il livello di allarme si provvede all'esercizio di normali misure di mercato, anche se è previsto un intervento più ampio dell'Autorità, che può chiedere esplicitamente alle imprese coinvolte di adottare misure specifiche per impedire il peggioramento della crisi. Se queste non bastano a ripristinare la normalità, l'Autorità dichiara lo stato d'emergenza che determina il "passaggio del timone" all'amministrazione. In questo caso si prevedono diversi interventi, quali l'incremento della disponibilità, il ricorso alle riserve e allo stoccaggio, l'applicazione di turnazioni nel dispacciamento, la riduzione del consumo per le industrie, l'introduzione di massimali orari per le utenze private, e così via.

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