PLOGGING, ROBERTO CAVALLO: “UNIAMO SPORT E ATTENZIONE ALL’AMBIENTE”

L’amministratore delegato di Cooperativa Erica: “Nell’ultima tappa di Vasto abbiamo raccolto insieme a Sorgenia 590 kg di rifiuti. Cresce la sensibilità dei cittadini, ma c’è ancora molto da fare, anche per le aree forestali”

Più di 590 kg di rifiuti raccolti in un’ora e mezza da circa 50 persone: è questo il risultato dell’iniziativa di plogging che si è svolta il 18 ottobre a Vasto, in provincia di Chieti, in Abruzzo. A promuoverla, nell’ambito del progetto M.A.R.E. (Marine Adventure for Research & Education) è stata Sorgenia, in collaborazione con l’amministrazione comunale di Vasto, Cooperativa Erica e Pulchra ambiente.

Proprio l’amministratore delegato di Cooperativa Erica, Roberto Cavallo, noto tra l’altro per essere considerato uno degli “inventori del plogging”, la pratica - sempre più popolare con il passare degli anni - che prevede la raccolta dei rifiuti durante le attività di running, racconta come è andata la giornata del 18 ottobre e quali sono i progetti per il futuro della cooperativa.

 

Roberto, parliamo intanto di Erica: di cosa si occupa la vostra cooperativa?

Erica è una cooperativa che da 30 anni si occupa di consulenza ambientale, con un focus in particolare sui rifiuti, dal punto di vista tecnico e comunicativo. La nostra caratteristica è di essere molto legati ai territori e al rapporto con i cittadini, perché siamo convinti che sia la singola persona, con il proprio comportamento, a essere protagonista di come vengono prodotti, differenziati, riciclati e smaltiti i rifiuti. Tra le tappe più importanti della nostra storia citerei il fatto che 10 anni fa siamo stati selezionati dalla Commissione Europea per lanciare la giornata europea contro l’abbandono dei rifiuti, che si celebra il 10 maggio, sostenuta dalla campagna “Let’s clean-up Europe”. All’interno di quel quadro di riferimento, e alla ricerca di una leva comunicativa efficace per far passare il messaggio, è nata l’idea di correre e raccogliere rifiuti, che nel 2015 ha dato vita alla manifestazione “Keep Clean and Run”. Due anni dopo il mio amico e podista svedese Erik Alhstrom ha dato un nome a questa pratica, coniando il termine plogging. Scherzando diciamo spesso che il plogging ha papà italiano e padrino svedese. In ogni caso, con il “battesimo” del plogging abbiamo assistito a una grande diffusione su scala globale di questa pratica.

 

Soltanto pochi giorni fa si è svolta la tappa di Vasto. Come è andata?

Complessivamente direi che le attività di plogging organizzate durante l’estate seguendo le tappe del catamarano del Centro Velico Caprera sono state esperienze interessanti e molto partecipate. Quella di Vasto si è svolta a ottobre per “recuperare” l’evento che non avevamo potuto organizzare a maggio a causa di complicazioni meteorologiche, ma nonostante l’estate sia ormai terminata abbiamo registrato grande interesse. Il Comune di Vasto ha patrocinato l’evento, e per l’occasione si sono uniti a noi anche gli studenti del Corso di studi in Scienze delle Attività Motorie e Sportive dell’Università d’Annunzio, guidati dal loro docente Pascal Izzicupo: insieme stanno studiando il plogging dal punto di vista dell’attività motoria. I ragazzi, infatti, indossavano un device, per la precisione un accelerometro, in grado di misurare l’attività fisica. Ma vorrei aggiungere che le ricadute positive del plogging per l’ambiente non di esauriscono soltanto nella raccolta dei rifiuti: hanno un effetto indiretto anche sulla mobilità; stimolando le persone a non essere sedentarie si contribuisce a ridurre l’utilizzo di mezzi di trasporto inquinanti a favore di una mobilità a impatto zero, con un risparmio certo di emissioni di CO2.

 

Qual è il messaggio principale che volete dare con le attività di plogging?

Ritengo importante sottolineare che le famigerate “isole di plastica” e più in generale i rifiuti in acqua vi arrivano per il 75% da zone lontano dal mare. E che la plastica che galleggia rappresenta soltanto il 6% degli inquinanti presenti in acqua. Così, se l’isola dei rifiuti che galleggia nel Pacifico ha una superficie superiore a quella della Francia, tanto che per attraversarla il suo scopritore Charles Moore impiegò, nel 1997, una settimana, è terribile immaginare cosa nascondano i fondali. Per questo pensiamo che accendere i riflettori su questo dato, e sul fatto che 3 oggetti su 4 quattro, tra quelli che finiscono in mare, vengono abbondonati a decine, centinaia e anche migliaia di chilometri di distanza dai luoghi di ritrovamento, dovrebbe stimolare tutti alla corresponsabilità, a non buttare nulla in terra e piuttosto a recuperare tutto ciò che si può. D’altra parte, c’è anche da ammettere che negli anni la sensibilità verso l’ambiente è generalmente aumentata, e che le nuove generazioni sono particolarmente attente: anche per questo coinvolgere le persone nel plogging è diventato nel tempo più semplice.

 

Riuscite a misurare l’impatto di questa vostra attività?

Il plogging che viene praticato in Italia ha una caratteristica unica, che ci piacerebbe si diffondesse. alla fine dell’attività separiamo i rifiuti, li pesiamo in modo differenziato e coinvolgiamo il soggetto locale che si occupa di raccolta differenziata per avviare tutto al riciclo. In media il 70% di ciò che viene raccolto è differenziabile e recuperabile. Così quello che facciamo ha un doppio valore: togliamo rifiuti dall’ambiente e li avviamo a un percorso che li porterà a sostituire materie prime vergini. Alla fine, traduciamo questa attività in un “peso ambientale”, calcolando attraverso un algoritmo, quante emissioni di CO2 abbiamo evitato: nell’attività con Sorgenia, ad esempio, abbiamo contribuito a risparmiare 715 kg di CO2.

 

Qual è stato il valore aggiunto di fare plogging sulle spiagge?

Per noi il beach plogging è un’esperienza relativamente nuova, normalmente svolgiamo queste attività in aree naturali o urbane lontane dal mare. Questo ci ha consentito di orientarci in un nuovo contesto e di arricchire le nostre statistiche, che ci dicono, ad esempio, che quando si corre sui sentieri di montagna si raccolgono in media tra i 200 e i 500 grammi di rifiuti al km, mentre se si percorrono strade più frequentate si arriva fino a 6-7 chilogrammi. Per le spiagge abbiamo individuato due macro ambienti: la battigia vera e propria, dove si trovano generalmente meno oggetti e di dimensioni più piccole, quelli lasciati dalle mareggiate o abbandonati da incivili. E poi c’è la zona più interna che collega la spiaggia alle principali vie di comunicazioni costiere: si tratta spesso di zone dunali, anche pregiate dal punto di vista naturalistico, dove però i rifiuti provenienti dai due versanti si accumulano e vanno raccolti a mano per non danneggiare la vegetazione.

 

Cosa avete trovato tra i rifiuti abbandonati?

Di tutto: la carcassa di una bicicletta, una vecchia ruota di un motorino risalente agli anni ’80, un tappeto, diversi pneumatici, imballaggi e reperti che risalgono anche a 30-40 anni fa, un lavandino. Oltre a oggetti più riferibili alle attività che si fanno in mare, come tre boe danneggiate, grosse maniche per la pesca e l’allevamento dei mitili, una rete a rastrello che serve per recuperare le telline dalla sabbia.

 

Che progetti avete per il futuro?

Ovviamente continueremo a fare plogging, che per noi è anche un pezzo di business. Continueremo ad organizzare Keep Clean and Run, una ultramaratona di oltre 350km, e i campionati mondiali di plogging: l’edizione di quest’anno, a Genova, ha avuto un grande successo, e la prossima, nel 2024, è in programma a Bergamo Val Gandino. La terza area che abbiamo implementato da pochi anni prevede attività di team building con le aziende. Continuerà anche il rapporto di collaborazione con Sorgenia, stiamo lavorando a nuove iniziative che metteranno al centro anche le aree forestali, perché eliminare i rifiuti dai boschi comporta una serie di benefici, compresa la riduzione del rischio incendi.